Gli studi che si sono concentrati sul tema del benessere si sono da tempo allontanati dalla visione di benessere sociale inteso come semplice possesso di beni materiali e hanno tralasciato variabili puramente quantitative, focalizzandosi, invece, sulle variabili soggettive (Stanzani, 2011).
Valutazioni e percezioni espresse direttamente dagli individui risultano più efficaci nella comprensione di un costrutto che si presenta come più inerente allo “star bene” e alla “cura di sé”, in cui sono centrali lo stato di forma fisica e il lavoro sulla propria autostima, autoaffermazione e autorealizzazione (Bauman, 2002).
Il concetto di benessere soggettivo proposto da Diener (1984; 1994), si articola in due componenti, distinte ma interrelate: la prima, la componente cognitiva, si rifà al grado di soddisfazione per le proprie condizioni di vita ed è espressa dal giudizio soggettivo sulla qualità della propria vita nei suoi ambiti generali (es. la famiglia, il lavoro); la seconda, la componente emotiva, si riferisce al “grado di bilancio edonico” (Steca & Caprara, 2007), un bilancio che ha a che fare col “piacere” ed è dato dalla differenza fra l’affettività positiva e quella negativa esperite dal soggetto.
Il benessere soggettivo è una condizione dell’individuo ed una risorsa per il suo funzionamento fisico, psicologico e sociale, nella cui “costruzione” rientrano scopi, valori, bisogni personali, ruoli e rappresentazioni sociali connessi all’esperienza soggettiva (Lonardi, 2011). Le valutazioni che l’individuo dà sul suo stato avvolgono tutto il suo essere e possono comprendere tutto il suo mondo, condizione psicofisica compresa.
In generale, dunque, il benessere ha a che fare “principalmente con la percezione positiva che l’individuo ha di sé” (De Beni, 2009) e si associa ad emozioni positive come la gioia, la serenità, l’orgoglio, le quali sono indicatori del buon andamento dei piani motivazionali dell’individuo; in contrasto, il malessere si affianca a esperienze emotive negative quali tristezza, rabbia, depressioni, che segnalano ostacoli che si frappongono fra il singolo e le sue mete (Fredrickson, 1998; Galati, Sotgiu, & Lavagno, 2007).
Fra i fattori che predicono il benessere soggettivo, Zambianchi e Ricci Bitti (2009) pongono in risalto anche i processi di autoregolazione, come: le credenze di controllo sulla propria vita, le strategie di coping e quelle di gestione della quotidianità, la presenza di obiettivi commisurati allo stato del soggetto (Freund & Baltes, 1998).
Un altro elemento centrale è rappresentato dalle “convinzioni di autoefficacia” (Bandura, 1986; 1997), che corrispondono alle valutazioni che gli individui danno “rispetto al sentirsi capaci di eseguire determinati corsi d’azione e di raggiungere livelli designati di prestazione, in specifici compiti e ambiti della vita” (Steca & Caprara, 2009).
Queste convinzioni, per gli autori, determineranno gli scopi, i modi d’agire e le situazioni nelle quali l’individuo si metterà alla prova; infatti, gli individui “sono scarsamente motivati ad agire e ad impegnarsi se non si ritengono all’altezza o se non credono di avere buone probabilità di successo” (Steca & Caprara, 2009).
Fonte: www.psicologionline.net