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Target panic: fine di un percorso o nuovo inizio?

Negli ultimi anni mi è sempre più spesso capitato di sentire l’espresione ‘target panic’, sia in ambienti dedicati al tiro con l’arco, sia nei settori dedicati alla psicologia sportiva, altrettanto spesso ho sentito pareri discordanti su questo tema: esiste? di cosa si tratta?

A tal proposito in collaborazione con la sezione ‘Arco Uisp’ ho avuto modo di approfondire questo argomento, ne sono nati dei seminari nei quali ho potuto confrontarmi con le persone, acquisire punti di vista ed esperienze varie, le quali sono state per me spunto di riflessione e indagine.

Ad oggi posso osservare che il target panic esiste nella misura in cui viene pensato come incapacità di gestire sia l’arco, ad esempio con un sovralibraggio, poco o per nulla adeguato rispetto all’arciere, e incapacità emotiva di saper gestire se stessi sulla linea di gara, in quanto le distrazioni che pervengono dall’esterno possono venire percepite come ‘distrattori di una certa intensità’, al punto che l’arciere stesso possa sentirsi in imbarazzo, inadeguato, incapace di gestire in una situazione che richiede grande abilità e destrezza. Un esempio potrebbe essere l’espressione presente nella trama del film l’ultimo samurai di Edward Zwick nel quale uno dei protagonisti invita il neofita apprendista a prendere distanza da un eccessivo ‘focus’ sull’esterno, per concentrarsi meglio sull’esperienza di apprendimento, ci ricordiamo tutti l’espressione: ‘mente su chi guarda, mente sulla spada, mente sull’avversario, troppa mente…. no mente‘.

Per rispondere alle domande iniziali ovvero se esista un target panic e di cosa si tratti, direi che esiste, ma non solo nel tiro con l’arco, in quanto tale sport può essere visto come una metafora del raggiungimento degli obiettivi, centrando o meno il proprio bersaglio. Credo in tale senso che possano essere importati elementi come: porsi degli obiettivi, avendo chiaro uno scopo, avere un mindset (approccio) dinamico e una buona capacità di resilienza, per poter lavorare sul target panic, che come dicevo può riguardare molteplici aspetti della vita di un individuo, per esempio la vita lavorativa o scolastica, ma ad oggi credo anche quella relazionale e affettiva possono avere dei momenti di difficoltà dovuti al così detto target panic.

Di cosa si può trattare? In effetti credo si tratti di una paura profonda, di non saper gestire noi stessi nel momento in cui siamo di fronte al bersaglio, titubanti, incerti e insicuri di ciò che stiamo facendo. Una analogia che potremmo fare in termini di ‘panico‘ sarebbe proprio quella di ricordarci l’etimologia del termine che richiama al dio Pan, ovvero una divinità non inclusa nei dodici dei olimpi, ma comunque importante nel novero delle divinità le cui gesta vengono narrate nella gigantomachia, ovvero la lotta contro i giganti. In tal senso il dio Pan con il suo potente urlo mise in fuga i giganti, rivelando la sua potenza mettendo ‘nel panico‘ i giganti stessi. Pan in quanto tale sembrerebbe incarnare, come divinità dei boschi e delle selve il contatto con la natura, con ciò che ci circonda e con tutto ciò con il quale siamo in relazione, in esso sembrano presenti due aspetti rilevanti: uno vitale e rigenerante e uno terrifico e costrittivo, che porterebbe ad irrigidirsi o a fuggire. Da qui, credo sia possibile ipotizzare che in se il panico inteso come ‘target panic‘, possa essere inquadrato come non solo una ipotetica fine determinata ad esempio dal ‘drop-out’ (smetto di andare ad allenarmi, tanto non migliorerò mai), ma possa essere anche uno stimolo dal quale poter trarre spunto per poter raggiungere nuovi obiettivi, tramite nuove competenze e conoscenze: acquisire esperienze per imparare, allenarsi per migliorare, confrontarsi per crescere.


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